SASSARI. Una donna con la sciarpa avvolta intorno al viso e sulla testa, le mani a cercare un po’ di calore dalla brace che riempie un grosso contenitore di latta. Il cenone di Capodanno (anche se a Palmadula c’era ben poco da festeggiare) lo hanno fatto lì, davanti a quella porta sbarrata. E la prima messa del 2013 padre Alberto l’ha celebrata per strada.
Non hanno alcuna intenzione di rassegnarsi a una decisione «assurda che ci costringerà ad abbandonare questa nostra terra». Per questo oltre duemila tessere elettorali nei prossimi giorni saranno restituite al Comune di Sassari dagli abitanti di Palmadula, Argentiera, Canaglia, La Pedraia, Biancareddu, Li Piani, Baratz, Monte Forte, La Corte: le borgate della Nurra, unite più che mai nella difesa di un loro diritto, hanno scelto la strada della ribellione (pacifica): «Rivogliamo l’ufficio postale o continueremo a vivere qui le nostre giornate. Non ci stanno ascoltando? Non ci prendono sul serio? E allora non andremo mai più a votare». Ora c’è anche un legale che li tutela, l’avvocato Emilia Spanedda, e le associazioni dei consumatori Adusbef e Cittadinanzattiva Onlus.
La Spanedda il 31 dicembre ha scritto una lettera a Poste Italiane spiegando che la popolazione delle borgate «vorrebbe essere informata su quando sarà riaperto l’ufficio e, se invece non dovesse riaprire, allora la società informi gli utenti sui motivi di questa decisione (considerato che proprio nel 2012 l’ufficio è stato premiato come il secondo migliore d’Italia ndr), dica loro dove dovranno andare per ritirare la pensione e sbrigare qualsiasi altra pratica, sapendo che l’ufficio di Campanedda fa parte di quelli da chiudere perché improduttivo». L’avvocato ha anche fatto presente che «la chiusura repentina di un servizio postale lede i loro diritti di cittadini (soprattutto delle persone anziane che devono ritirare la pensione) e si può ravvisare un’interruzione di pubblico servizio. In ogni caso – ha aggiunto il legale – se l’ufficio di Palmadula non verrà riaperto, tutti gli abitanti della zona risolveranno i contratti bancari stipulati con la società».
Sembra incredibile, non ti aspetteresti da ciascuno di questi “altri” cittadini di Sassari tanta determinazione. Chiunque, forse, dopo qualche giorno di lotta si sarebbe arreso. A Palmadula e dintorni non succede e anche oggi l’azione di lotta è pronta: tutti in marcia verso Campanedda, a chiedere che l’impiegato trasferito torni a casa e riapra l’ufficio. Hanno costituito un comitato popolare – gli abitanti della Nurra – e ieri hanno scritto, tra gli altri, anche al ministero dello Sviluppo economico e delle Comuncazioni chiedendo «un urgente autorevole intervento per la revoca della chiusura», ricordando che quello della Nurra è un territorio a economia prevalentemente agropastorale, fatto di piccoli artigiani e commercianti, e che quindi «la presenza dell’ufficio postale consente a tutte queste persone di evitare la perdita di preziose ore di lavoro dal momento che potrebbero svolgere sul posto numerose operazioni burocratiche e finanziarie quali versamenti di imposte e tasse, nonché spedire e ricevere pacchi e posta senza percorrere grandi distanze». Il comitato vuole scongiurare il pericolo dello spopolamento in un territorio davvero suggestivo e con peculiarità che vanno difese e conservate con cura. «Devono permettere alla gente della Nurra – continua il comitato – di godere del costituzionale valore sociale di “uguaglianza”».
Sulla questione hanno preso posizione anche le associazioni di categoria Cia, Coldiretti e Confagricolturadelle province di Sassari e Olbia-Tempio che hanno voluto esprimere solidarietà al comitato: «Invitiamo – hanno detto e scritto in un documento – le autorità preposte ad adoperarsi per far sì che la popolazione rurale di questo territorio non sia privata di un altro punto di riferimento. La presenza dei servizi postale, bancario e scolastico rappresenta infatti elementi essenziali a garanzia della vita civile, sociale e democratica di chi ha scelto di risiedere nelle zone rurali. La loro presenza è vitale per queste aree che altrimenti sarebbero destinate allo spopolamento e al degrado ambientale».
Al momento, però, tutto tace. Un silenzio che non piace e che non fa presagire nulla di buono. Ma loro sono lì, tutti insieme, e non hanno alcuna intenzione di dividersi: «La direttrice provinciale delle Poste non viene nemmeno a sentire la nostra voce – lamentano – sarebbe stato un segnale importante. Ma siamo qui e non ci muoveremo».